di Dario Russo
Quello di cui vi parlerò in questo articolo in misura ridotta per ovvie ragioni di spazio, è ampiamento tratto nel mio libro I miei primi 50 anni – Tutte le sceneggiature edito dalla Creampie Me Press.
Se siete appassionati scrittori, e buttate giù tutto quello che vi passa per la testa, sappiate che state sbagliando. Ogni mestiere ha le sue regole, e quello della scrittura creativa, che sia un libro o una sceneggiatura, non è da meno.
Quando studiavo sceneggiatura alla Scuola del fumetto di Milano ancora non avevo afferrato questo concetto.
Nonostante che qualche mio racconto contenesse già a mia insaputa quelli che sono i principi basilari della scrittura pur non avendoli ancora studiati, una prima avvisaglia la ebbi quando mi scontrai con quelli della Tao, l’agenzia preposta per il reclutamento di nuove verve per le riviste Bloob e Scanners della Ediperiodici (leggete l’articolo Dario Russo diviso tra horror e sesso).
Quando mi chiesero di cambiare il coltello con la pistola, più splatter e meno classicità per intenderci, mi stavano chiedendo di rendere il mio racconto vendibile. Vendere significa fare soldi, fare soldi significa che tante porte si aprono, e la rete delle business-conoscenze si evolverà da sé.
Essere scrittori e non vendere nulla non fa molto onore.
Pensare di essere buoni scrittori (ma non lo siete!) con l’illusione di vendere qualche copia, tutt’al più potrà gratificarvi, ma non vi aiuterà.
Quando si scrive non bisogna farlo solo per il proprio piacere e buttar giù tutto ciò che ci sembra fattibile. Le regole del business vanno rispettate. Se ti chiedono di cambiare la pistola con un coltello, fallo senza pensarci due volte. Perché significa aver capito le regole del gioco (e del business), e soprattutto mostrate di essere flessibili.
La flessibilità è la nostra arma migliore. Le “aggiustatine” che vi vengono proposte renderanno il vostro lavoro vendibile, ed il pubblico comincerà a conoscervi.
Non fate come me. Non essere flessibile porterà voi ed il vostro lavoro alla tomba da cui sarà difficile poter risorgere. Quello con la Tao è stato un errore fatale. Mi ha portato a chiudermi in me stesso e mollare tutto cercando sfogo nel sesso (leggete l’articolo firmato MammaDalla69 Amare ed essere amati). Soltanto dopo sette anni ritornai sui miei passi. Ma avevo già lasciato Milano per Bologna.
Quando scriviamo, la prima domanda che dobbiamo porci è: ma il business dov’è per questa sceneggiatura? Altrimenti vi rimarrà invenduta. Scrivere su commissione è certamente la cosa migliore, ma poi la creatività va un po’ a farsi friggere.
Il connubio tra le due cose, diletto e lavoro, è sempre difficile.
Essere autori indipendenti col self-publishing rende plausibile tutto ciò che volete pubblicare, ma non pensate che tutti acclameranno il vostro libro come il capolavoro dell’anno. Il self-publishing è un po’ un’illusione. Pensare di essere scrittori senza un minimo di preparazione tecnica, o soltanto dopo aver seguito un laboratorio di scrittura del “pinco pallino” di turno, pure è un’illusione.
Non mi sono mai sentito un genio a fine corso di sceneggiatura. Non basta un corso a farci entrare in pista. Non basta un corso per dirci che sappiamo scrivere. Quello è solo l’inizio, ed il resto è tutta una strada in salita. Prima di ingranare con la scrittura mi hanno sbattuto tante porte in faccia, e prima che dicessi addio alla mia intolleranza ad essere flessibile sono passati un po’ di anni.
Precisamente era il 1998, quando Salvatore Perillo, scrittore di fantascienza, mi revisionò Agofobia, un racconto dal libro Disturbi di sangue. Fece talmente bene il suo lavoro che mi incazzai, rinnegando le evidenti incongruenze. Il suo consiglio fu di lasciar perdere tutto per qualche giorno, e di riprovarci in seguito leggendo e confrontando di nuovo le due versioni, la mia e la sua supervisionata. Mi apparve evidente che avevo torto marcio, ammettendo (finalmente!) la mia ignoranza.
E da quel giorno l’ignoranza ha ceduto il posto alla piena consapevolezza, al confronto e alle dritte altrui.