Un uomo di circa 40 anni è tormentato dalla recente morte di sua madre, trovata senza vita per strada senza apparentemente motivo. Durante i funerali il figlio nota una collana al collo con una chiave intorno al collo di sua madre. Il figlio prende la chiave furtivamente.
La chiave apre una piccola cassetta postale dove dentro egli vi trova due soldatini di piombo, ed un dito tagliato avvolto in un fazzoletto.
L’apparizione costante del fantasma di una giovane donna senza un dito induce il figlio a seguire uno straniero dopo che ha gettato della spazzatura in un container ad un parco pubblico. Frugando nella sua spazzatura, il figlio trova un villaggio di carta ricoperto di polvere bianca: la neve. Il figlio nota che due punti del villaggio di carta non sono ricoperti di neve, e che le loro forme corrispondono ai piccoli piedistalli dei due soldatini di piombo trovati nella cassetta postale.
Il figlio decide di seguire lo straniero e di ispezionare la sua casa. Ma lo straniero se ne accorge, e va a casa del figlio per scoprirne l’identita’.
Il fantasma della giovane donna appare di nuovo al figlio, spingendolo a tornare a casa dello straniero. E questa volta scopre che il cadavere della giovane donna fantasma e’ chiuso a chiave in una stanza.
Il seguito ovviamente non ve lo sveliamo. Contiamo che lo leggiate e vi appassionerete come ha appassionato noi.
Edda Dal Fiume, classe 1954, sceneggiatrice esordiente, vive a Malalbergo, nel bolognese, in quelle palazzine di nuova costruzione dove fino al 1978 si trovava la cascina del film “La casa dalla finestre che ridono”, straordinario thriller padano di Pupi Avati del lontano 1976. Sara’ stato forse il luogo ad averla ispirata per questo suo primo lavoro dopo diversi precedenti come poetessa di prose mai pubblicate e mai lette in pubblico, sara’ stata forse attratta da una casa editrice come Creampie Me Press che offre la possibilita’ di poter pubblicare sceneggiature – e romanzi e novelle – di esordienti, sara’ stato qualcos’altro ma soprattutto cio’ che e’ stato e’ sicuramente la grandiosita’ di questo affresco horror nella sua brevita’ e ricchezza di dettagli.
L’elemento poetico non ha abbandonato Edda Dal Fiume, e lo si percepisce dalle continue didascalie (i SUPER) che danno una sorta di titolo ad ogni cambiamento nell’avanzare della storia verso il finale, oserei dire tagliente. Avremmo preferito non raccontarvela l’inizio della storia. Ma vi assicuriamo che pur leggendone l’anticipazione, divorare la sceneggiatura vi sembrera’ di non aver letto l’anticipazione.
I personaggi vivi non parlano.
La morta e’ l’unica che parla.
C’e’ sicuramente anche in questo una scelta per cosi’ dire poetica. La morte accarezza tutti noi, prima o poi. E prima o poi dovremo lasciarci trasportare dalla sua poesia.
La chiave apre una piccola cassetta postale dove dentro egli vi trova due soldatini di piombo, ed un dito tagliato avvolto in un fazzoletto.
L’apparizione costante del fantasma di una giovane donna senza un dito induce il figlio a seguire uno straniero dopo che ha gettato della spazzatura in un container ad un parco pubblico. Frugando nella sua spazzatura, il figlio trova un villaggio di carta ricoperto di polvere bianca: la neve. Il figlio nota che due punti del villaggio di carta non sono ricoperti di neve, e che le loro forme corrispondono ai piccoli piedistalli dei due soldatini di piombo trovati nella cassetta postale.
Il figlio decide di seguire lo straniero e di ispezionare la sua casa. Ma lo straniero se ne accorge, e va a casa del figlio per scoprirne l’identita’.
Il fantasma della giovane donna appare di nuovo al figlio, spingendolo a tornare a casa dello straniero. E questa volta scopre che il cadavere della giovane donna fantasma e’ chiuso a chiave in una stanza.
Il seguito ovviamente non ve lo sveliamo. Contiamo che lo leggiate e vi appassionerete come ha appassionato noi.
Edda Dal Fiume, classe 1954, sceneggiatrice esordiente, vive a Malalbergo, nel bolognese, in quelle palazzine di nuova costruzione dove fino al 1978 si trovava la cascina del film “La casa dalla finestre che ridono”, straordinario thriller padano di Pupi Avati del lontano 1976. Sara’ stato forse il luogo ad averla ispirata per questo suo primo lavoro dopo diversi precedenti come poetessa di prose mai pubblicate e mai lette in pubblico, sara’ stata forse attratta da una casa editrice come Creampie Me Press che offre la possibilita’ di poter pubblicare sceneggiature – e romanzi e novelle – di esordienti, sara’ stato qualcos’altro ma soprattutto cio’ che e’ stato e’ sicuramente la grandiosita’ di questo affresco horror nella sua brevita’ e ricchezza di dettagli.
L’elemento poetico non ha abbandonato Edda Dal Fiume, e lo si percepisce dalle continue didascalie (i SUPER) che danno una sorta di titolo ad ogni cambiamento nell’avanzare della storia verso il finale, oserei dire tagliente. Avremmo preferito non raccontarvela l’inizio della storia. Ma vi assicuriamo che pur leggendone l’anticipazione, divorare la sceneggiatura vi sembrera’ di non aver letto l’anticipazione.
I personaggi vivi non parlano.
La morta e’ l’unica che parla.
C’e’ sicuramente anche in questo una scelta per cosi’ dire poetica. La morte accarezza tutti noi, prima o poi. E prima o poi dovremo lasciarci trasportare dalla sua poesia.
Sceneggiatura
Autore: Dario Russo
Lingua: Italiano
Copertina lucida flessibile 86 pagine